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Non si può morire così...
Stefano Frapporti era un muratore di 48 anni. Il 21 luglio 2009 andava in giro in bicicletta quando è stato fermato da due carabinieri in borghese per un'infrazione stradale. Portato in carcere perché sospettato di spaccio non uscirà mai vivo dalla cella.

Questo blog nasce dalla volontà della famiglia di ottenere chiarezza su quel che è successo a Stefano e per chiedere che venga fatta giustizia.



ASSEMBLEA PUBBLICA TUTTI I MARTEDI' DALLE 20.00 ALLA SEDE DELL'ASSOCIAZIONE "STEFANO FRAPPORTI" IN VIA CAMPAGNOLE 22.

domenica 2 agosto 2009

Lettera dal padre di Stefano Frapporti

Sono il papà di Stefano Frapporti, ho 85 anni e sono perfettamente consapevole di quello che sto dicendo. In merito all'arresto ed alla morte in carcere di mio figlio, mi sento di esprimere oggi tutti i dubbi e le domande che ogni genitore si porrebbe.
Mio figlio era incensurato, con una fedina penale ineccepibile. Non capisco quindi come, libero cittadino che si fa un giro in bicicletta alla fine di una lunga giornata di lavoro, mio figlio venga fermato da due persone in borghese, in malo modo e con pesanti insulti, come ho avuto modo di apprendere da testimoni oculari dell'evento.
Sono perfettamente al corrente, come ho visto dal verbale dei Carabinieri, che addosso a mio figlio non è stato trovato nulla se non gli effetti personali ed il telefonino.
Come mai una persona così è stata sottoposta a una perquisizione domiciliare senza alcuna assistenza legale o di un testimone? E chi mi dice che quello che dichiarano i Carabinieri è vero, comprese le quantità sequestrate? Perché conoscendo il carattere fragile di mio figlio, so che non lo avrebbe mai sopportato, proprio perché profondamente onesto. E lo conoscevo bene, perché ho vissuto con lui fino a quattro anni fa, nello stesso appartamento.
Sarebbe bastato alle autorità visionare il suo estratto conto bancario per capire l'onestà di Stefano: l'ultimo prelievo bancario l'aveva fatto alla Rurale, ed erano i soldi che aveva in tasca e che non erano certo proventi di spaccio.
Dal momento dell'arrestofino a dopo i funerali, quattro giorni, non ho avuto alcun tipo di informazioni o notizie, se non la dichiarazione di morte.
Vengo a sapere dal verbale dei Carabinieri che gli è stata persino sequestrata in casa una bilancia da cucina, che io stesso gli avevo regalato e avevo comperato alla Lidl. Io personalmente, con il mio paio di chiavi, mi sono recato nel suo appartamento e non c'è alcun segno di perquisizioni.
E non sapremo mai la verità perché gli è stata negata la presenza di un testimone.
Sono consapevole che non avrò mai più indietro mio figlio, ma penso ora al futuro di tanti giovani e persone che potrebbero trovarsi nella stessa situazione, per colpa di una legge. Certi fatti però, oltre che con la legge, andrebbero valutati con l'umanità.
La mia non è una vendetta, Carabinieri e Guardie carcerarie sapranno rispondere alle loro coscienze. C'è solo da implorare il perdono per chi ha sbagliato e sperare che la vita umana, con cui hanno a che fare tutti i giorni, sia sempre davanti a loro.
Mi affido perciò, con grande speranza, alla Giustizia perché mi diatutte le risposte alle domande che ho nel cuore».

Lettera pubblicata su L'Adige di sabato 1 agosto

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